Tuesday 28 October 2025 - 11:05
La rabbia non è sempre negativa: tre segnali per riconoscere quando diventa pericolosa

La rabbia è una componente naturale della vita umana, ma quando perde equilibrio può degenerare in aggressività e compromettere le relazioni familiari e sociali. In questa intervista, l’Hojjatoleslam Hojjatollah Safari, psicologo e terapeuta, analizza le radici neurologiche della rabbia, ne distingue le forme patologiche e propone strumenti educativi per gestirla in modo sano e consapevole.

Agenzia Hawzah News – La rabbia è un’emozione naturale, ma quando si intensifica o si ripete in modo incontrollato può trasformarsi in aggressività e causare danni profondi. Lo afferma l’Hojjatoleslam Hojjatollah Safari, psicologo e terapeuta, in un’intervista rilasciata all’Agenzia Hawzah News e dedicata alla comprensione e alla gestione di questo fenomeno.

Safari spiega che la rabbia è una reazione emotiva primaria, elaborata dal sistema limbico del cervello, e ha una funzione evolutiva: difendere l’individuo in situazioni di minaccia. Tuttavia, quando la rabbia perde i suoi tre parametri fondamentali — pertinenza, frequenza e intensità — si trasforma in aggressività. «Quando ci si arrabbia per motivi insignificanti, più volte al giorno, e con reazioni sproporzionate, non si tratta più di rabbia naturale», afferma.

Il terapeuta cita studi condotti su persone coinvolte in omicidi: oltre l’85% dei casi erano legati a impulsi incontrollati, non a intenzioni premeditate. Lo stesso vale per episodi di violenza domestica, tensioni familiari e conflitti sociali. «Molti pazienti dicono: “Non volevo farlo, è successo all’improvviso”», racconta Safari.

La rabbia può essere influenzata da condizioni economiche e sociali, ma la responsabilità della sua gestione resta individuale. «Urlare in casa o accusare i familiari non migliora la situazione economica, ma distrugge la serenità del nucleo», avverte.

Per distinguere la rabbia sana da quella patologica, Safari propone quattro indicatori.

  • Consapevolezza interiore: la persona percepisce di aver perso la calma abituale e vive in uno stato di agitazione costante.
  • Feedback esterno: familiari e colleghi segnalano comportamenti eccessivi o reazioni sproporzionate.
  • Impatto sociale: la rabbia porta all’isolamento, alla perdita di relazioni e a conflitti frequenti.
  • Deviazione comportamentale: insulti, violenza fisica, maldicenze o atteggiamenti distruttivi indicano un superamento della soglia naturale.

Safari distingue inoltre tra aggressività attiva (urla, insulti, violenza) e aggressività passiva (silenzio punitivo, sarcasmo, negligenza, isolamento). Entrambe compromettono la qualità delle relazioni e portano all’emarginazione.

Dal punto di vista neurologico, la corteccia prefrontale è responsabile del controllo emotivo. Quando questa funzione si indebolisce, il sistema limbico prende il sopravvento e genera comportamenti impulsivi. «In questa condizione, si dice che “il sangue non arriva al cervello”, e la funzione razionale si altera», spiega Safari.

Per prevenire questi episodi, è fondamentale esercitare tecniche di autocontrollo: rilassamento, autosuggestione positiva, dialogo interiore, recitazione di formule spirituali, o allontanamento dalla situazione stressante.

Safari sottolinea che un singolo episodio isolato non è necessariamente patologico. «Un padre che, una sola volta in anni di educazione, ha alzato la voce o la mano, non è automaticamente un soggetto aggressivo. Ciò che conta è la ripetizione e la gravità del comportamento».

Alla domanda sull’importanza dell’educazione, Safari risponde con fermezza: «La gestione della rabbia è una competenza che si apprende. Così come si impara a esprimere aggressività, si può imparare a controllarla».

Due fattori chiave emergono come determinanti nella gestione della collera.

Il primo è il perfezionismo estremo, che porta a nutrire aspettative irrealistiche verso sé stessi e gli altri. Questo atteggiamento, spesso radicato in una visione dicotomica della realtà — o tutto è perfetto, o non vale nulla — genera frustrazione e reazioni colleriche. Un padre che si aspetta che il figlio resti immobile e silenzioso per ore, e si infuria al minimo movimento; una moglie che si impone di servire il pranzo all’orario esatto, e si lascia sopraffare dalla collera se non ci riesce; un insegnante che considera inaccettabile anche la minima imperfezione nei compiti degli studenti, e si irrita quando le consegne non sono impeccabili. Questi sono tutti esempi di aspettative che, se disattese, possono innescare reazioni sproporzionate.

La capacità di affrontare le difficoltà, adattarsi agli eventi negativi e mantenere equilibrio emotivo senza cedere all’impulsività. In molte situazioni, la collera nasce da una bassa tolleranza alla frustrazione. Un piccolo contrattempo, come una gomma bucata o un disguido domestico, può scatenare reazioni violente se manca la capacità di contenere l’emozione. La tradizione islamica propone, in risposta alla collera (qaḍab), la virtù del ḥilm, ovvero la saggia pazienza e padronanza di sé. Rafforzare la resilienza e correggere il perfezionismo eccessivo sono dunque due pilastri fondamentali per un’educazione emotiva efficace.

Safari cita poi esempi quotidiani di collera generata da aspettative affettive non realistiche: una madre che si aspetta attenzioni precise dal marito, come ricevere dei fiori in una data occasione, e si irrita se ciò non accade; oppure una persona che perde il controllo per un contrattempo banale, come una gomma bucata o una fila imprevista. «Il problema non è il fiore o il contrattempo», osserva Safari, «ma l’aspettativa e la bassa tolleranza alla frustrazione».

Safari ha anche consigliato alcune letture educative tradotte in persiano, tra cui opere di Daniel J. Siegel e Matthew McKay, accanto a manuali locali su competenze relazionali e vita islamica.

Questi testi offrono strumenti pratici per aiutare adulti e bambini a riconoscere le emozioni, comprendere le cause della rabbia e sviluppare empatia. «Non si può dire a un bambino: “Non devi arrabbiarti”», spiega Safari. «Bisogna aiutarlo a capire cosa prova e a parlarne dopo che si è calmato».

In chiusura, Safari invita a non demonizzare la rabbia, ma a imparare a incanalarla. «La rabbia è come un corso d’acqua: se gli si dà un percorso, scorre senza danni. Se lo si blocca, può straripare e distruggere».

La gestione della rabbia, conclude, è una abilità accessibile a tutti, purché si abbandoni la passività e si scelga di agire. «Con il giusto percorso educativo, è possibile ottenere risultati concreti e migliorare la qualità della vita».

Intervista e redazione: Mohammad Rasul Safari Arabi – Naqi Amini

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